RUSSIA
MERCATO AGROALIMENTARE: BREVE INTRODUZIONE
La Russia è il più grande paese, per estensione territoriale, del pianeta. Per quanto una parte enorme del suo territorio sia collocato in regioni artiche o comunque molto fredde, ci sono estensioni infinite di territori per le produzioni agricole. Fino all’inizio degli anni Novanta, quando si dissolse l’Unione Sovietica, l’intero settore agricolo del paese era stato completamente nazionalizzato negli anni Trenta e, nonostante quanitativi di produzione rilevanti, la produttività del settore agroalimentare sovietico era bassissima e gli sprechi di risorse enormi, costringendo l’Urss ad importare derrate alimentari, come, per esempio, il grano.
Subito dopo la fine del regime comunista l’agricoltura russa perse in pochi anni più di 35 milioni di ettari di terra coltivabile. I terreni venivano abbandonati perché era più redditizio investire in altri settori come quello delle materie prime.
Ma col tempo, la fine del regime comunista e la privatizzazione del settore hanno migliorato l’efficienza del comparto agricolo ma restano ancora grandi potenzialità inespresse e sacche di inefficienza.
I consumatori russi, che per tutto il periodo sovietico avevano scarsa possibilità di scelta anche per quel che riguarda i prodotti alimentari, al massimo potevano comprare prodotti provenienti da altri paesi del cosiddetto “campo socialista”, dopo la caduta del regime comunista, hanno avuto accesso, grazie all’apertura economica del paese, ai prodotti provenienti da ogni parte del mondo.
Molti di questi prodotti comunque non erano e non sono accessibili a gran parte della popolazione russa in quanto prodotti troppo costosi. L’emergere tuttavia di un ceto medio con buone disponibilità di reddito, che ha cominciato anche a viaggiare all’estero potendo conoscere altre cucine e tradizioni gastronomiche, l’apertura nelle grandi città russe di numerosi ristoranti di cucine straniere, a cominciare da quella italiana, molto apprezzata, hanno fatto crescere una domanda di prodotti alimentari e di bevande importate.
Molto è cresciuto, per esempio, il mercato del vino ma anche quello della pasta, dell’olio d’oliva, dei formaggi, dei prosciutti e degli insaccati, come anche frutta e verdura.
Nell’arco di un paio di decenni il mercato russo era diventato un mercato di sbocco importante e molto redditizio per le produzioni agroalimentari occidentali comprese quelle italiane.
Poi, nel 2014, la crisi politica con l’Ucraina e la conseguente guerra a bassa intensità nelle regioni orientali al confine tra Federazione Russa e Ucraina tra le milizie filorusse e l’esercito ucraino, hanno cambiato il contesto geopolitico dell’area con pesanti conseguenze economiche. I paesi occidentali, l’Unione Europea e la Nato hanno appoggiato il governo ucraino mentre la Russia con un atto unilaterale, dopo un referendum popolare, decise di annettersi la penisola di Crimea, abitata in grande maggioranza da popolazione russofona. I paesi occidentali decisero di varare delle sanzioni economiche contro la Federazione Russa a cui i russi hanno risposto con delle controsanzioni.
Queste sanzioni hanno colpito anche diversi comparti dell’agroalimentare. Sono rimasti esclusi settori come quello del vino e dell’olio d’oliva, fortunatamente, ma sono stati invece colpiti comparti come quello dell’ortofrutta, delle carni, del pesce, dei formaggi.
Le sanzioni nei primi mesi hanno creato una carenza di diversi prodotti che prima venivano prevalentemente importati dai paesi europei ma, nel medio termine, si è avuto un classico effetto di sostituzione. Per esempio la frutta e la verdura che prima venivano importate dall’Italia o dalla Spagna, si cominciò a importarle dalla Turchia e da altri paesi. In una fase successiva l’effetto è stato quello di incentivare la produzione nazionale.
D’altra parte il Governo russo aveva varato un grande ed ambizioso piano di sostituzione delle importazioni sia nel settore agroalimentare come anche in alcuni settori industriali e della produzione di beni di consumo.
Ora, l’obiettivo del Presidente Putin di rendere il paese autosufficiente per quel che riguarda i prodotti alimentari entro il 2020, sembra oggettivamente troppo ambizioso, ma è un dato concreto il fatto che l’intero settore agroalimentare russo si sta muovemendo rapidamente in quella direzione. Negli ultimi anni sono cresciute molto sia le produzioni, per esempio di cereali, ma anche di ortaggi la cui produzione in soli due anni è aumentata del 3% o di carne di manzo che è aumentata del 25%, come anche sono cresciute le esportazioni e se questo processo continuerà nei prossimi anni la Russia diventerà uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali non soltanto di commodities minerarie ma anche di commodities agricole.
Inoltre dal 2015 in Russia sono state proibite tutte le coltivazioni transgeniche e il paese aspira a diventare uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali di prodotti agricoli biologici.
In sostanza l’effetto reale di queste sanzioni economiche è stato quello di rafforzare l’intenzione russa di procedere con maggiore determinazione sulla strada della sostituzione delle importazioni. Nel settore caseario, per esempio, stanno nascendo numerose iniziative di produzione locale e anche grandi operatori internazionali dell’industria agroalimentare stanno investendo in Russia nella creazione di impianti di produzione di prodotti sottoposti ad embargo.
Il risultato finale di queste sanzioni sarà, nel medio-lungo termine, quello di rafforzare l’economia russa, sviluppando il settore agroalimentare e riducendo quindi la dipendenza dall’estero nella fornitura di prodotti alimentari, con rilevandi perdite di fatturato anche per i produttori italiani.
Qualunque commento sulla lungimiranza di queste strategie politiche ci sembra oggettivamente superfluo!
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