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SERBIA

MERCATO AGROALIMENTARE: BREVE INTRODUZIONE

La Serbia ha un buon potenziale agricolo con terreni fertili, un buon sistema idrico e un clima temperato. Questo potenziale non è ancora pienamente sviluppato e il settore primario soffre di carenza sia di tecnologie che di crediti adeguati. Il settore agricolo produce ancora più del 10% del PIL del paese e dà lavoro ad una quota ancora più alta della popolazione attiva.
D’altronde il paese ha subito le conseguenze della guerra con la Nato nel 1999 e dei regimi nazionalisti che per molti anni avevano altre priorità rispetto a quella dell’ammodernamento e dello sviluppo di tutto il sistema economico dopo la caduta del regime comunista.
Negli ultimi anni è cominciato anche un processo di avvicinamento all’Unione Europea, in previsione di una futura adesione, che sta spingendo il Governo a dare priorità al rinnovamento anche del settore agricolo.
Il 55% del territorio del paese è coltivabile, ma la regione con la più elevata vocazione agricola è quella settentrionale della Vojvodina prevalentemente pianeggiante. In quella regione la maggior parte del territorio è costituito dalle cosiddette “chernozem”, le terre nere molto fertili. In quella regione si produce il 50% dell’output agricolo di tutta la Serbia e in Vojvodina si trova anche gran parte dell’industria della trasformazione alimentare del paese.
Il 65% del territorio della Vojvodina è coltivato a granaglie e la regione rappresenta anche il 37% della produzione di suini e il 33% di quella di pollame di tutto il paese.
Man mano che ci sposta verso le regioni più meridionali e più orientali del paese la struttura della produzione agricola muta ed è oggettivamente più arretrata. In quelle regioni, con territorio in parte collinare o montagnoso, prevalgono le produzioni orticole, quelle di frutta e di uva.
La Serbia deve fare ancora un po’ di strada per rendere più produttivo l’intero settore agricolo, per adeguare le normative a quelle dell’Unione Europea, per snellire molte procedure burocratiche, per aprire il suo mercato ad una maggiore concorrenza, per ridurre la quota dei cosiddetti “mercati informali”, un eufemismo usato dagli economisti per indicare la produzione “in nero”, fuori da qualsiasi controllo non solo di natura fiscale ma anche di tipo sanitario e qualitativo.
Bisogna dire che il Governo serbo sta cercando di attrarre anche investimenti esteri per consentire l’ammodernamento del settore agricolo e con tale finalità sono state modificate le norme che ostacolavano, per esempio, l’affitto di terreni agricoli per le aziende estere.
Un altro problema è l’eccessiva frammentazione proprietaria con la presenza di moltissime aziende di piccole e piccolissime dimensioni e soltanto pochi medi e grandi produttori.
Le principali produzioni agricole sono: frumento, mais, soia, girasoli, barbatielo da zucchero, mele, pere, prugne, amarene, uva, patate, pomodori, meloni, peperoni, cipolle, cavoli.
Importante anche la produzione vinicola una parte della quale viene esportata prevalentemente verso altri paesi dell’Europa orientale.
Il settore agroalimentare è quindi in una fase di grande trasformazione con l’intento di aumentare la reddività complessiva.
La Serbia e l’Italia hanno intensi scambi commerciali anche nel settore dei prodotti agroalimentari e delle bevande.
La Serbia come destinazione dell’export enogastronomico italiano è oggettivamente un piccolo mercato con circa 7 milioni di abitanti e un reddito medio pro capite ancora basso. Certamente l’avvicinamento all’Unione Europea e, in prospettiva, l’entrata nella UE faciliteranno ancor più le nostre esportazioni soprattutto di vini e prodotti confezionati di qualità. La cucina italiana è molto apprezzata dai consumatori serbi e nelle principali città, a cominciare dalla capitale Belgrado, ci sono già numerosi ristoranti di cucina italiana.
Un settore interessante per l’export italiano è anche quello dei macchinari e delle attrezzature per il settore agricolo data la necessità per l’agricoltura serba di accentuare il livello di meccanizzazione se si vuole aumentare la reddività e le forniture per la meccanizzazione agricola sono prevalentemente d’importazione.

 

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