GIAPPONE
MERCATO AGROALIMENTARE: BREVE INTRODUZIONE
Il Giappone oggiogiorno ha ridotto la sua autosufficienza alimentare al 40% circa, mentre soltanto a metà degli anni Settanta era pari al 75%, il che significa che mentre a metà degli anni Sessanta i tre quarti dei prodotti alimentari consumati nel paese erano di produzione nazionale oggi soltanto il 40% sono tali. Sono aumentate quindi le importazioni di prodotti alimentari e bevande dall’estero. La ragione principale di questo fenomeno è che sono cambiate, negli ultimi decenni, le abitudini alimentari della popolazione giapponese. Sono soprattutto diminuiti i consumi di riso, uno dei prodotti base della dieta nipponica e uno dei prodotti principali dell’agricoltura del paese mentre sono cresciuti i consumi di carni, oli e grassi.
Inoltre le produzioni nazionali per tutta una serie di ragioni sono spesso meno competitive rispetto ai prodotti importati.
Le nuove tendenze nei consumi hanno fatto crescere la domanda di prodotti che non esistevano prima in Giappone, basti pensare al vino o all’olio d’oliva.
I cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni nelle abitudini alimentari dei giapponesi sono stati determinati da una serie di fattori: il progresso economico e tecnologico, i cambiamenti nella struttura sociale, la maggior partecipazione delle donne al mondo del lavoro, la terziarizzazione dell’economia.
Per esempio, la necessità di mangiare fuori a pranzo per le distanze spesso notevoli tra casa di abitazione e luogo di lavoro nelle grandi realtà urbane, ha portato allo sviluppo del settore del consumo di cibi pronti o confezionati a cominciare dai cosiddetto “bento”, delle specie di cestini con un pranzo pronto. Ma, allo stesso tempo ha portato anche ad una crescita del settore della ristorazione e i giapponesi hanno preso l’abitudine a consumare sempre più spesso pasti fuori casa. Nelle aziende la pausa pranzo è piuttosto breve mentre nei negozi l’orario è solitamente continuato. Spesso, anche la sera, nelle grandi corporation, si lavora fino a tardi, e poi magari si va a cena con i colleghi per rafforzare lo spirito di squadra, quindi l’abitudine di mangiare fuori casa, o di consumare i bento è diventata per molti giapponesi una necessità.
La popolazione giapponese è assieme a quella italiana la più longeva al mondo, merito soprattutto delle rispettive diete alimentari. La cucina giapponese è una cucina molto sana, basata soprattutto sul consumo di pesce e verdure, con poca carne, pochi intingoli e salse varie, pochi grassi anche se, come abbiamo detto sopra, molte cose sono cambiate negli ultimi decenni nelle abitudini alimentari dei giapponesi.
Il settore agricolo giapponese è molto frammentato e abbastanza inefficiente, produce poco più dell’1% del PIL del paese ma dà lavoro a poco meno del 4% della forza lavoro. Tra l’altro il livello delle produzioni agricole si è ridotto negli ultimi anni, soprattutto per quel che riguarda la produzione di riso. La zona più agricola del paese è l’isola settentrionale di Hokkaido. L’età media di chi lavora nel settore agricolo è piuttosto avanzata, la dimensione media di un’azienda agricola è sui due ettari, la produttività è bassa. I dazi doganali elevati e numerose barriere non tariffarie proteggono i produttori locali dalla concorrenza estera e certamente non li stimolano ad accrescere la loro produttività.
Comunque il paese è ormai uno dei maggiori importatori mondiali di derrate e prodotti agroalimentari soprattutto: soia, riso, frumento, e carni.
Molto importante è poi l’industria della pesca, d’altronde il Giappone è un arcipelago e il pesce è la base della cucina giapponese, tuttavia la produzione nazionale non è sufficiente e il paese importa la metà circa dei suoi consumi di prodotti ittici.
Il Giappone importa ogni anno prodotti alimentari e bevande per un valore superiore ai 52 miliardi di Euro. I principali fornitori sono, in ordine di improtanza: Stati Uniti, Cina, Tailandia, Australia, Canada. Il paese importa principalmente materie prime, alimenti di base e prodotti per la trasformazione.
L’Italia esporta verso il Giappone prodotti agroalimentari e bevande per un valore annuo attorno ai 900 milioni di Euro, ma il nostro paese esporta soprattutto prodotti finiti.
Uno dei principali prodotti d’esportazione dall’Italia sono i vini, nel 2016 ne abbiamo esportati per un valore di circa 170 milioni di Euro e siamo il terzo fornitore di vino per il mercato giapponese dopo Francia e Cile.
Anche nel comparto dell’olio d’oliva l’Italia ha una posizione di primo piano, sino a qualche anno eravamo leader di mercato, ma siamo stati superati ultimamente dalla Spagna.
Ma ci sono buone possibilità anche per altri prodotti che l’Italia esporta e può ulteriormente esportare: confetture, miele, conserve vegetali soprattutto conserve di pomodoro, sottaceti, farine di frumento, pasta, prodotti da forno, dolciumi, ma anche riso, succhi di frutta, caffè, grappe e distillati vari, birra, acque minerali, formaggi, insaccati, ecc.
Il successo della dieta mediteranea, sia per i suoi sapori, sia perché ritenuta tra le più sane al mondo e i giapponesi sono molto attenti alle tematiche riguardanti il benessere, la salute, la corretta alimentazione, ha portato ad un crescente successso della nostra cucina con l’apertura di migliaia di ristoranti italiani in Giappone e l’aumento delle importazioni di prodotti italiani.
Il Giappone non è un mercato facile perché ci sono diverse barriere, sia di carattere tariffario che non tariffario, che rendono complicata l’esportazione verso quel paese. Il sistema distributivo per quando ormai modernamente organizzato, principalmente attraverso le catene della GDO, continua a mantenere abitudini e strutture tradizionali con un numero eccessivo di intermediari e sistemi di relazione che sono difficili da penetrare.
Tuttavia si tratta di un mercato abbastanza grande, con una popolazione di 128 milioni di abitanti, di un mercato ricco, con redditi medi tra i più elevati al mondo e con una disponibilità a provare nuovi gusti e nuovi prodotti.
Quindi il mercato giapponese offre grandi potenzialità per chi vuole esportare prodotti alimentari e bevande ma frappone anche numerosi ostacoli.
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