IL MERCATO DELL’OLIO D’OLIVA NEGLI STATI UNITI
Il Mercato dell’OLIO D’OLIVA negli STATI UNITI
Report 2024
Formato: PDF
Codice prodotto: USA24OOREP
Prezzo: Euro 50
Pagine: 100
Stato: disponibile
Indice Report: Dati generali - Rischio paese - Quadro macroeconomico - Il mercato dell'olio d'oliva: caratteristiche principali - La produzione nazionale - Import-Export di olio d'oliva - Consumo - Dati e statistiche - Normativa di settore - Norme sull’importazione di olio d'oliva - Tariffe, tassazione e barriere doganali - Etichettatura prodotti - Distribuzione commerciale - Canali di vendita dell'olio d'oliva - Catene della GDO (grande distribuzione organizzata) - Settore Horeca (Hotel restaurant and catering) - Negozi specializzati - Altri canali commerciali - Formazione dei prezzi - Comportamento dei consumatori - Tendenze e prospettive - Strategie di entrata nel mercato - Fiere di settore - Mass media di settore - Indirizzi utili.
Il Mercato dell’OLIO d’OLIVA negli STATI UNITI
Database 2024
Formato: Excel
Prezzo: Euro 50
Codice prodotto: USA24OODB
Numero riferimenti: 150
Stato: disponibile
Indice Database. Elenchi, in formato Excel, completi di: nome, ragione sociale, tipologia commerciale, indirizzo, città, telefono, fax, sito web, e-mail, altri dati e informazioni utili di: Importatori - Distributori - Grossisti - Catene della GDO (Grande distribuzione organizzata) - Operatori settore Horeca (Hotel, restaurant, catering) - Negozi specializzati al dettaglio e online - Ristoranti di cucina italiana.
Il MERCATO dell’OLIO d’OLIVA negli STATI UNITI Report + Database a soli Euro 80
(sconto del 20%)
Per acquistare inviate una e-mail all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
indicando i Vostri dati: Nome e/o Ragione Sociale, indirizzo, città, e-mail, eventuale recapito telefonico, Partita Iva o Codice Fiscale e il codice del/dei prodotto/i richiesti.
Per un’analisi aggiornata, dettagliata e approfondita acquistate il Report e il Database.
IL MERCATO DELL’OLIO D’OLIVA NEGLI STATI UNITI
BREVE INTRODUZIONE
L’economia americana è la più grande economia del pianeta, circa il 25% del PIL mondiale viene prodotto da quel paese. Per quanto molti studiosi continuino a preconizzare il “declino americano”, gli Stati Uniti restano la prima potenza economica, politica e militare del pianeta.
Il Presidente Trump, entrato in carica dal gennaio 2017 è stato eletto sull’onda di uno slogan elettorale che ha avuto grande successo: “America first” (l’America per prima). L’intenzione dichiarata di Trump è quella di ridare al suo paese quel primato, in tutti i campi, a cominicare da quello economico, che a suo dire, le politiche sbagliate dei suoi predecessori, stavano facendo perdere. Trump si è fatto notare per il suo notevole attivismo, sia politico che economico, oltre che per uno stile comunicativo molto aggressivo e poco diplomatico.
In campo economico ha realizzato una grande riforma fiscale con l’abbattimento sostanzioso delle aliquote sulle aziende con l’intenzione di riportare negli Stati Uniti investimenti e lavoro. Si è lanciato in una guerra prima mediatica e, successivamente, anche commerciale contro quei paesi che, a suo giudizio, fanno politiche commerciali scorrette, dalle politiche di dumping, al mancato rispetto dei copyright e dei brevetti industriali, a politiche monetarie che tendono a svalutare le loro monete per favorire l’export. Nel mirino delle ire trumpiane ci sono un po’ tutti, da partner storici come il Messico, che avendo costi della manodopera molto più bassi hanno attirato delocalizzazioni produttive, per esempio nel settore automobilistico, a paesi come la Cina che non rispettano diritti sindacali e vincoli ambientali, ma anche a paesi europei come la Germania che utilizzano l’Euro, una moneta sottovalutata rispetto al vecchio Marco tedesco, per conquistare quote di mercato sui mercati esteri.
Nel marzo 2018 Trump ha introdotto anche nuove misure protezionistiche, dazi doganali, sulle importazioni di acciaio e di alluminio scatenando un’immediata reazione della Cina che, a sua volta, ha introdotto nuovi dazi sulle importazioni di circa 120 beni americani compresi alcuni prodotti agroalimentari come la carne di maiale e la frutta.
Difficile per ora capire se questi provvedimenti siano le prime avvisaglie di una vera e propria guerra commerciale che potrebbe avere effetti molto deleteri sul commercio internazionale o se si tratti invece di mosse tattiche, fatte per rinegoziare da una posizione di forza nuovi rapporti di scambio.
Il settore primario (agricoltura, allevamento e pesca), negli Stati Uniti, per quanto dimensionalmente piccolo, è altamente produttivo. Il settore agricolo si basa su aziende di grandi dimensioni con colture intensive, capaci quindi sia di sfruttare le economie di scala, ma anche altamente produttive grazie all’impiego delle tecnologie più avanzate.
Gli Stati Uniti sono allo stesso tempo uno dei maggiori produttori ed esportari di prodotti agroalimentari e bevande e uno dei maggiori importatori al mondo.
Negli Stati Uniti prevale un’agricoltura di tipo intensivo, basata su grandi aziende, le cosiddette “farms”, grandi estensioni di terreni, massiccio impiego di tecnologie e meccanizzazione spinta, massiccio impiego di prodotti chimici, con l’obiettivo di sfruttare le economie di scala e raggiugnere elevati livelli di produttività.
Le colture si suddividono in fasce climatiche e territoriali, le cosiddette “belt”.
Si distinguono diverse aree a seconda della coltura privilegiata in quell’area. C’è la cosiddetta “wheat belt” (la cintura del grano) nelle zone centrali in Stati come Minnesota, Dakota, Montana, Texas, Kansas, Oklahoma.
C’è poi la “corn belt” (la cintura del granturco) in Stati come: Illinois, Iowa, Indiana, Nebraska, gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale di questo cereale.
C’è poi la “cotton belt” (cintura del cotone) che si estende in Stati come: Mississipi, Arizona, Texas, California.
Gli Stati Uniti sono anche grandi produttori di oli vegetali come olio d’arachidi o olio di colza ma la tipologia di olio vegetale più consumato su quel mercato sono miscele di vari oli. Anche l’olio d’oliva negli ultimi vent’anni si è conquistato una posizione di rilievo ed è sempre più richiesto ed apprezzato mentre, per lungo tempo, era rimasto un prodotto consumato quasi esclusivamente dagli emigrati italoamericani.
Gli Stati Uniti sono uno dei paesi al mondo con il più elevato tasso di malattie e problemi legati al consumo di cibo. L’obesità è negli Stati Uniti un vero e proprio problema sociale con tutte le conseguenze e i relativi costi. L’abitudine di mangiare quantità sconsiderate di cibi confezionati, spesso di basso prezzo e quindi anche di bassa qualità, il cosiddetto “junk food”, il cibo spazzatura, crea grandi problemi a percentuali elevate della popolazione statunitense. L’incidenza di malattie legate o favorite da un regime alimentare poco corretto, come quelle cardiovascolari, il diabete, i tumori, ecc. è molto elevata.
Questa situazione con i problemi che ne derivano ha anche animato il dibattito politico. Come noto, la moglie dell’ex Presidente Obama, Michelle, si era molto interessata ai problemi di una dieta più sana ed equilibrata anche con gesti clamorosi come l’aver creato un orto nei giardini della Casa Bianca, per promuovere il consumo di verdure fresche.
Ovviamente tutte le campagne di informazione si scontrano poi con gli interessi fortissimi delle grandi multinazionali del settore agroalimentare anche se il mercato non è un processo unidirezionale. Le grandi multinazionali hanno certamente la forza finanziaria per fare grandi campagne pubblicitarie ma se i gusti dei consumatori mutano ne debbono tenere conto e sono costrette a cambiare i loro atteggiamenti come anche i loro prodotti. La maggior sensibilità, soprattutto delle generazioni più giovani alle tematiche del benessere e della salute, stanno portando anche le grandi aziende a mutare i loro atteggiamenti e a “cavalcare” le nuove tendenze, basti pensare al crescente successo dei prodotti biologici ma anche alla crescente domanda di olio d’oliva considerato, a ragione, un prodotto sano il cui consumo può dare molteplici benefici.
Il mercato statunitense è molto recettivo per qualunque prodotto del settore agroalimentare e delle bevande anche se non è un mercato facile. Ci sono ancora notevoli barriere, soprattutto non tariffarie, dalle procedure doganali, ai requisiti sanitari, ai sistemi delle licenze per determinati prodotti, che rappresentano un oggettivo ostacolo all’accesso a quel mercato.
I prodotti agroalimentari italiani hanno un grande successo sul mercato statunitense, olio d’oliva compreso.
Negli Stati Uniti si è anche sviluppata, negli ultimi decenni, una produzione nazionale di olio d’oliva che ammonta a circa 10.000 tonnellate all’anno, quindi una percentuale piccola, attorno al 2-3% dei consumi totali.
Il 99% di questa produzione proviene dallo Stato della California mentre il restante 1% proviene da Stati come il Texas, la Georgia, la Florida, l’Arizona e le Hawai.
Tuttavia il 98% dell’olio d’oliva consumato negli Stati Uniti proviene da importazioni che ammontano ormai a circa 320.000 tonnellate annue per un valore attorno a 1,2 miliardi di Euro.
Primi esportatori sono l’Italia e la Spagna, testa a testa con una quota di mercato in volume del 40% ciascuno, e molto distanziati seguono: Tunisia, Argentina, Grecia e altri paesi.
I dati interessanti del mercato statunitense sono innanzitutto le dimensioni di quel mercato, in secondo luogo il fatto che i consumi di olio d’oliva negli ultimi dieci anni sono stati costantemente in crescita e attualmente rappresentano, in volume, il 13% dei consumi totali di oli vegetali.