ISLANDA
MERCATO AGROALIMENTARE: BREVE INTRODUZIONE
L’Islanda è un’isola piuttosto grande, poco più di 100.000 kmq, circa un terzo del territorio italiano, con una popolazione che supera di poco i 330.000 abitanti. Situata nell’ Atlantico settentrionale tra la Groenlandia e la Scozia, a metà circa tra il continente europeo e quello americano, è un paese affascinante dal punto di vista naturalistico, ghiacciai, vulcani, geyser, dove le condizioni climatiche sono estreme. Il rigido clima viene parzialmente attenuato dalla Corrente del Golfo che investe le sue coste meridionali ed occidentali. Gran parte della popolazione (il 65%) vive nell’area urbana della capitale Reyjkjavik.
Per quanto sia considerato un paese scandinavo e infatti i suoi abitanti sono di origine scandinava e parlano una lingua scandinava, il paese non fa parte dell’Unione Europea ma aderisce allo Spazio Comune Europeo.
Dal 1944 è una Repubblica indipendente dopo essere stata, per secoli, di fatto, un dominio danese.
L’Islanda divenne un caso eclatante dopo lo scoppio della crisi del 2008-09 quando andò in default il suo sistema bancario causando, come conseguenza, una forte svalutazione della Corona islandese e una pesante recessione. Il collasso delle tre principali banche islandesi: Landsbaki, Glitnir, Kaupthing, portò ad una dura recessione con un crollo del Pil del –6,7% nel 2009 e del –4% nel 2010.
Le tre principali banche islandesi avevano all’epoca debiti pari a 11 volte il PIL del paese. L’unica soluzione per evitare conseguenze ancora peggiori fu il fallimento di tutte le banche del paese e la nazionalizzazione dell’intero sistema bancario islandese. La Corona islandese si svalutò fortemente di oltre il 40% nei confronti delle principali valute, e la Borsa di Reykiavik perse il 90% della capitalizzazione azionaria. Il paese entrò in recessione.
Furono introdotti controlli sui movimenti di capitale, furono congelati i depositi bancari, furono chiesti finanziamenti sia ad organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale, sia a paesi amici come i paesi scandinavi e la Germania. L’Islanda visse in quel periodo il peggior incubo della sua storia.
Ma già dal 2011 il paese ha cominciato a riprendersi grazie alla crescita degli investimenti in infrastrutture, nuovi progetti energetici e lo sviluppo del settore turistico.
L’economia, dopo l’ubriacatura della “finanza facile”, è tornata a basarsi sulle attività tradizionali a cominciare dalla pesca.
L’economia del paese per quanto piccola è molto aperta agli scambi con l’estero.
Nonostante il durissimo ridimensionamento del paese, della sua ricchezza e delle sue ambizioni, l’Islanda resta ancora un paese con elevati standard di vita e di reddito. Il PIL pro capite in termini nominali è attorno ai 51.000 Euro.
Il PIL è tornato a crescere nel 2015 del 4%, nel 2016 del 4,9% e anche per il 2017 le previsioni sono di una crescita tra il 4 e il 5% circa.
Nella formazione del PIL il settore primario dà un contributo di circa l’8% in gran parte dovuto al settore della pesca, attività tradizionale del paese, per la sua posizione di isola al centro dell’Atlantico settentrionale.
Il clima del paese è poco adatto all’agricoltura. Soltanto l’1,2% del territorio islandese è costituito da terreni agricoli coltivabili. Si producono patate, tuberi, radici, carote, cavolfiori, funghi e frutta.
L’allevamento è limitato ad ovini ed animali da pelliccia La pesca invece è molto fiorente soprattutto per quel che riguarda aringhe e merluzzi e attualmente è il principale settore di esportazione.
L’Islanda importa gran parte dei prodotti agroalimentari e delle bevande che consuma, a parte i prodotti ittici di cui è un paese esportatore. L’Italia esporta verso l’Islanda ogni anno beni alimentare e bevande a cominicare dal vino per un valore di circa 10 milioni di Euro.
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